Da marco per anonimo

Ho sempre considerato questa sezione la più interessante e profonda del sito
Necessariamente, visto che il dolore ci trascina sotto la superficie del mare, dove scintilla la vita vitale e viva di tutti noi, e della tua vita ci mostra il volto come da uno specchio deforme ed inverante.
Anche molti degli interventi qui sono degni d’attenzione e rispetto.
Se si prova a connetterli tra loro, forse è possibile rinvenirne un fil rouge che potrebbe rischiarare la fosca nebbia della solitudine.
Mi son detto: proviamoci. E vediamo che mi diranno gli altri, chiunque vorrà discuterne con me. Sarà il benvenuto, purchè non sia inutilmente offensivo.
Una dei tratti che più colpisce di questi sfoghi, è la rassegnazione che li accompagna, come se la condizione descritta fosse un destino da accettare e a cui piegarsi, perchè inscritto quasi nelle proprie carni e perciò ineludibili.
é l’ineluttabilità della propria sorte a scandire i battiti delle parole di molti, battiti cavi, pesanti, quasi di trapassati
Quella che qui si chiama solitudine, solitudine nel senso di ISOLAMENTO, è responsabile di un vero e proprio processo di annichilimento della volontà, di atrofizzazione delle facoltà, di svuotamento di ogni forza.
Le prigioni, nella nostra società, non sono solo dentro alle carceri.
Bisogna pur rendersi conto che QUI FUORI, tra noi, molti vivono come i mafiosi in carcere: in celle buie ed umide d’isolamento.
Come uscire da questo isolamento? Rendendosi conto che molto spesso siamo noi stessi a confinarci in quelle cellette.
Che noi siamo i nostri carcerieri, oltrechè le nostre vittime.
Sì lo so, gli altri sono egoisti, cinici ed indifferenti.
Sì. ma non tutti, non in egual misura, nonostante la massificazione rimaniamo tutti diversi gli uni dagli altri.
Il punto è: sulla società si può anche riflettere, scrivendo romanzi o poesie, ma questo non è il caso di molti qui. Qui la condizione d’isolamento è solo subita, non è in nulla riscattata.
Della vostra bellezza così, tutto si corrompe e si deteriora, perchè questo isolamento abbruttisce se lo si subisce stancamente
La solitudine può fortificare solo in presenza di un cammino di costruzione o ri-costruzione
Quella rassegnazione di cui parlavo infatti porta con sè come corollario un atteggiamento tipico, il cui prototipo è romantico: nessuno mi capisce, la mia sensibilità è croce e delizia perchè mi ferisce e lecca le mie ferite, è gelosa di me, mi carcera ma mi fa illudere di essere superiore a tutti gli altri perchè più nobile.
Ecco Iacopo Ortis, ecco soprattutto, Renè, il Renè di Chateubriand
Entrambi, fuggono. Si chiudono in sè stessi. ma qui la fuga non è un viaggio, è una ritirata vigliacca.
Quella sensibilità, diciamocelo, nell’apatia ristagna.
Se è fonte di nobiltà, bisogna che lo si dimostri. Con l’azione.
Azione che non significa come tutti qui sembrano pensare, uscire così a caso, per il puro gusto di uscire, o frequentare i luoghi di ritrovi più in voga, no. L’azione non si indirizza in primo luogo verso gli altri ma verso di sè.
Agire significa costruire sè stessi, individuare la propria strada, conoscersi, e perciò aprirsi al mondo, per conoscere sè stessi a contatto con gi altri.
E fatemi dire un’ultma cosa su questa benedetta anima gemella, altra figura romantica: l’anima gemella è un’astrazione della mente.
Non esiste che io debba trovare là fuori il modello precostituito che mi sono formato nella mia mente
Ma vi pare!? L’anima gemella è un fantasma, nel senso originario del termine. Siete voi stessi, proiettati fuori da voi.
Là fuori, la persona che vi starà al fianco potrebbe essere lontanissima dalla vostra idealizzazione, e perciò vera, perchè REALE
Ma statene certi, non arriverà subito, ma nel corso del cammino
I primi passi, li dovrete muovere da soli, voi stessi.
Buona fortuna

7 risposte Pagina 1 di 2

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Da Greta
zona di Bari

Ciao Marco, mi auguro almeno che qua tu non ti senta solo. Non so cos’altro dire Marco hai dato la tua versione della solitudine vista come isolamento, prigionia, una strada senza via d’uscita. Mi piacerebbe tu possa volare un giorno con amore.

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Da Anonima

Ohhh finalmente uno che dice le cose come stanno!!!
Io ci ho provato a dire le stesse cose più di una volta mi son sentita dare dell’immatura, della menefreghista, dell’egoista e delle dispensatrice di banalità.
Ma non mi stancherò mai di ripetere e approvare quel che dici tu.
Capisco le sofferenze e mi spiace leggere di molti che se la passano male. Capisco che a volte uscire dalla depressione o rialzarsi da una situazione difficile è molto facile a dirsi ma complicato da fare, ma in entrambi i casi NON è impossibile uscirne.
Quel che mi fa rabbia di quel che leggo qui è proprio quello che dici te: la rassegnazione e l’accettazione di “una vita di sciagure e sofferenza” e l’accettazione di questo stato di cose per sempre. Trovo tale comportamento di autocompiacimento e autocommiserazione siano un insulto una mortificazione a chi ha lottato e duramente e ne è uscito, dalla depressione, dal buco nero in cui si è ritrovato inghiottito o dalla superficialità della gente. Eppure tanti (grazie a Dio) ne sono usciti e lottando hanno trovato un equilibrio: queste persone hanno tutta la mia ammirazione, il mio rispetto e il mio caloroso augurio che tutto d’ora in avanti vada nel migliore dei modi.
Personalmente sono un po’ cresciuta per credere nell’anima gemella, ma credo nell’amore e nei sentimenti e nelle persone che non sono tutte merde come dice qualcuno qua.
Io non mi sento chissà chi ne pretendo di esserlo, sono sola una delle tante persone nel mondo, ma che dalla settimana scorsa ha una cicatrice fisica di 20 come in più, in una zona che nelle donne normalmente è sensuale, ed è la terza cicatrice sui miei seni. Ma mi alzo ugualmente e vivo la mia vita combattendo le mie battaglie ugualmente, godendomi la vita nelle piccole cose che dà. Combatto non per essere vincente o perdente, ma per conquistare: il mio equilibrio, la mia serenità.
Non mancheranno le persone (solite, una sola con un paio di nick d’emergenza!) che mi coprirà d’insulti come sempre, ma quelle persone (o quella persona?) non ha manco la mia compassione, ne il mio disprezzo: sinceramente chi è causa del suo male pianga se stesso e se vi rosica è perchè lo sapete voi stessi per primi. Agli altri il solito augurio di ritrovare presto la serenità tanto agoniata.

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Da Cat

Caro Marco,

Come vedi c’è chi è talmente sensibile da risponderti per il puro gusto di insultare altri autori.
Non te ne crucciare e tira avanti.
Sono i jolly del sito e come tali arrivano anche quando non servono (e non servono mai).
Quindi io rispondo a te e non a loro.
Ma l’introduzione serve per farti capire quante idee della sofferenza e della solitudine ci sono intorno a noi.
Alcuni la conoscono meglio e sanno di cosa si parla; altri pontificano senza avere sensibilità (e non rispettando la grammatica, e per loro è davvero poco utile avere riferimenti quali Foscolo o Chateubriand); altri ancora, magari i più giovani, scambiano l’annichilimento per la sofferenza dovuta da una cotta andata a male, e dicendo questo non sminuisco certo il loro dolore.
Ognuno si prende frustate dietro la schiena. E solo alcuni usano questo dubbio dono per creare qualcosa che rimanga, a mò di rivincita sul fato.
Io non sono nè uno scrittore, nè un artista: io mi limito a sfogare la mia rabbia e frustrazione e, qualche volta, mi prendo anche insulti.
Bene, benissimo. Credo sia la misura del mio successo.
Per il resto il mio pensiero l’ho espresso troppe volte per ripeterlo.
Ognuno ha un suo modo di vedere le cose. Ma credo che chi le vede nel modo peggiore non è un mostro: è un realista.

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Da venere

bella la tua dedica, concordo con ciò che hai scritto, hai detto ciò che pensi in modo tranquillo, pacato, ma incisivo e sicuro; è vero come hai detto che la cosa importante è la ricerca di se, che la soluzione non viene dall’esterno ma da noi stessi, però la cosa più difficile è capire dov’è il confine tra la ricerca di se all’interno di noi stessi e la ricerca di se in relazione all’esperienza esterna e quindi al contatto con gli altri, sono due cose che si rincorrono, che si inseguono, e la cosa più difficile è farle coincidere, quando questo succede è un ottimo traguardo per ritrovare veramente la dimensione di se stessi all’interno del mondo e della società.

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Da Alex Darth NodTEK
zona di Milano

quindi io sarei un romantico codardo vigliacco egocentrista!?!?!? si hai ragione sono proprio così… tie’ e controtie’ 🙂

non sono per nulla d’acoordo con te e il tuo ragionamento si fa facile con il bla bla bla filosofico ma le cose non stanno così.

io non ho bisogno di dimostrare niente a nessuno, il fatto di essere il carceriere di me stesso su questo ci arrivavo da solo e questa tua frase: “nessuno mi capisce, la mia sensibilità è croce e delizia perchè mi ferisce e lecca le mie ferite, è gelosa di me, mi carcera ma mi fa illudere di essere superiore a tutti gli altri perchè più nobile.” mi offende e ferisce parecchio! parli proprio per luoghi comuni tu che citi il bla bla bla filosofico!!! io mi reputo migliore di molti altri semplicemente perche’ lo sono; ad esempio andarsi a schiantare in auto il sabato notte fatti, drogati, ubriachi ed impasticcati dopo essersi strusciati come delle vacche sudate al macello in disco non mi sembra sintomo di grande intelligenza, solo per ingannare la solitudine… beh io prefrisco la mia solitudine.

e una volta che mi sono reso conto che sono io ad essermi confinato in questa cella (ma dai che scoperta!!!!) che faccio!?!?!? mi faccio andare bene la societa’ di oggi per non soffrire di solitudine!?!?!? mi faccio passare, il sudore, i tremolii, le crisi di panico, la depressione, i sudori freddi e altri 658 sintomi similari!?!?!? eh beh si fa facile a parlare al di la’ del vetro!!! ma quando per uscire un pomeriggio ti ci vogliono 15 giorni e poi dopo stai male per un’altra settiamana e sai non e’ molto bello. non te lo auguro…

Alessandro

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