Per cosa vale la pena vivere? Ancora una volta questa domanda si ripropone crudele, snervante, insidiosa come sa esserlo una domanda che ci dì fa scoprire vulnerabili, e incapaci di rispondere. Uno scopo per cui vivere… sembra che tutti ne abbiano uno… o almeno che abbiano una ragione, una scusa abbastanza forte da consentire loro di affrontare quanto di male c’è nella vita. A me, invece, nulla appare sufficiente a giustificare questo male. Guardo lo svolgersi delle esistenze altrui: uomini e donne perennemente sotto tensione, che ansimano e sbuffano per portare il macigno dei loro problemi di un giorno più avanti, nella speranza che il domani riservi loro un poco di felicità, che sembra non arrivare e che probabilmente non arriverà. Insomma… siamo intrappolati qui fra opprimenti cose da fare che prendono la maggior parte del nostro tempo e grame ricompense… possibile che il solo istinto di sopravvivenza, per quanto forte, basti a farci accettare questo compromesso tutt’altro che vantaggioso? Oggi ne ho parlato con due religiosi per capire appunto quale possa essere la molla che spinge qualcuno ad essere addirittura soddisfatto di quello che vive. Come al solito sono stata ricambiata con nauseanti tentativi di risposta, frasi vuote su Dio, la fede, la ricompensa in paradiso, ulteriori prove che forse essere qui non è tanto meglio che non esserci affatto. Altri poi dicono che la vita è un’ “occasione”… ma l’occasione per che cosa? Per faticare e soffrire come dei drogati di felicità disposti a tutto pur di ottenere il prossimo effimero attimo? Sembra che a tenerci qui siano le illusioni più di tutto. Io non riesco più ad illudermi. Basta guardare come va a finire la gente durante la vecchiaia, dopo una vita “per bene” spesa per la società: chi solo in un ospizio, chi viene trovato morto da giorni senza che nessuno se ne sia accorto, chi peggio ancora viene tenuto in casa e sfruttato da figli e nipoti per soldi. Sono pochi i fortunati, i ricchi, chi ha potere, e con tutto… nemmeno loro sono felici. A cosa serve allora fare tutto quello che si fa? Per me non ha senso; magari avrà qualche utilità se pensiamo tenendosi occupati si trascorrerà più in fretta il tempo che ci separa dalla morte. Oltre a questa verità, non riesco a trovare niente che si adegui meglio a quello che vediamo e niente mi ha mai convinto a tal punto da farmi cambiare opinione. Sarà che ho avuto un’ esistenza finora difficile… che sono sola da sempre, e che per cambiare questa condizione ci vorrebbe una forza che va oltre le mie possibilità; sarà che mi manca più che mai quello che tutti danno quasi per scontato, l’amore, l’amicizia, la comprensione altrui soprattutto. Tutto questo, però, mi ha fatto sentire sulla mia pelle quanto il nostro giudizio sia influenzato dalla speranza di un futuro migliore e da quel benessere che proviamo in quel fortunato quanto effimero attimo di felicità. Tutte sensazioni soggettive che fanno sembrare meno orrende le cose brutte dell’esistenza… e che verrebbero meno dal momento che venissimo a conoscenza del nostro futuro. Chi scrive è una ragazza che ha avuto più sfortune di altri e che per arrivare a vedere il futuro che sogna, o almeno il fvturo di tutti, dovrà impiegarel’intera vita a cambiare il presente. Ne vale la pena? Io non ne sono convinta… e avrei già fatto la scelta di lasciare questo schifo di mondo, se fossi stata sicura di riuscirci… ma c’è l’istinto di sopravvivenza, e ci sono le flebili illusioni che qualcosa possa cambiare, anche se non cambierà. C’è chi dice che ci vuole più coraggio a vivere che morire… che facciano pure gli eroi… io non potrò mai accettare il torto che mi hanno fatto, mettendomi al mondo…
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Per me farla finita è un segno di resa, un’offesa alla mia dignità, è rassegnazione inesorabile
Cara disillusione,
un giorno il cielo verrà anche per noi.
Speriamo presto.
Il mio cuore sta cedendo.
Siamo uniti nella sofferenza.
Siamo uniti nella lotta quotidiana.
Saremo uniti in cielo.
Ti voglio bene.
Teo esule ultimo
Grazie per il tuo splendido e sentito intervento nella mia poesia.
@ trofar Mi piace questa idea di farsi uccidere dalla vita e mi piacerebbe applicarla, ma non credo ci riuscirò. Come dicevo, sto talmente combinata male che mi è possibile solo soffrire. Ogni cosa che faccio, anche portare fuori il cane a passeggio, è per me come portare altri 40 chili sulle spalle: dentro di me sento una fortissima agitazione e insicurezza che mi rendono ogni piccola cosa talmente faticosa che non riesco a fare più nulla per puro diletto; ogni cosa mi costa fatica e ne rimango talmente affaticata che dopo ho bisogno di un bel pò per riprendermi. Solo quando sto sola e scrivo, leggo, o faccio qualcosa di manuale in casa sto davvero tranquilla e riesco anche a sentirmi bene, coinvolta, appagata… ma si può essere felici stando da soli? Non credo anche perché sento in continuazione la mancanza della compagnia esterna che purtroppo mi nego. Questa fobìa sociale non se n’è andata durante gli anni scolastici in cui dovevo convivere forzatamente con la mia classe… quindi non serve a nulla esercitarsi a stare con gli altri; e per questo credo che dovrò conviverci per sempre. Se questa paura della gente rimarrà, non sarò mai in grado di avvicinarmi a nessuno oltre il semplice rapporto di conoscenza. Che senso avrebbe allora vivere soli come cani? Il fatto è che so che potrei fare un grande bene a me stessa togliendomi il peso di vivere altri 50-60 anni di frustrazioni, ma con tutto non ho il coraggio di farlo perché ho ancora questa stupida e illusoria speranza che le cose andranno meglio, anche se sono sicura che non andranno mai come sogno e spero. Ho constatato di persona che quando le cose cominciano male, non c’è verso di riprenderle. Si sogna e si spera che accada il miracolo, ma il miracolo non accade mai. Questo succede per le cose piccole, figuriamoci quanto ciò possa influire su una vita! Ma in fondo pretendo tanto dalla mia esistenza, quando quelle delle altre non è che siano tanto meglio. Il bilancio della gioia nella vita di ognuno è sempre in negativo. Non sarebbe meglio far esplodere quattro bombe nucleari e finirla per sempre con questo strazio che è l’esistenza in questa valle di lacrime? Ah se non ci fosse questo dannato istinto di sopravvivenza…
Ciao Fredic77, sai una cosa? Sono in cura anch’io: faccio psicoterapia e prendo i farmaci più pesanti che si possano prendere nel mio caso. Ma devo dire che la “terapia” mi ha tolto ancora più la voglia di continuare a vivere. I passi in avanti che sto facendo mi stanno facendo percepire tutto il divario che c’è fra un essere umano normale e questo mostro di precarietà che sono io. Come ti ho detto, ho stimato che ci vorrà moltissimo perché diventi una persona al passo coi tempi. E possibile che tutta la mia giovinezza trascorra in questi penosi tentativi di recupero, è possibile che non guarisca mai; in ogni caso perderei troppo e la felicità resterebbe la solita chimera che è sempre dieci passi in avanti rispetto al punto in cui ti trovi. Per ciò che riguarda gli psicofarmaci, quelli mi stanno rendendo malata anche nel fisico senza che ci sia stato un minimo di miglioramento: prima avevo una salute di ferro; ora sono stanca tutto il giorno, mi sveglio gonfia sotto gli occhi, alle mani, intorno alle ginocchia. Sono più grassa del mio normale e sinceramente in queste condizioni non mi piaccio per niente. Per non parlare poi del fatto che ho altre brutte conseguenze che qui non voglio nominare procurate da disfunzioni alla tiroide indotte dai farmaci… vale la pena vivere così, per vedersi morire ogni giorno, per vedersi diventare sempre più decaduti, brutti, malati, discriminati e soprattutto soli? Gli altri si lamentano che la vita non è facile…loro che senza nessuno sforzo escono, guidano, vanno ovunque pare a loro, stanno con chi vogliono, senza sentirsi male. Che ne sanno cosa si può provare? Se fossi sicura di morire sul colpo, tenterei qualcosa, ma se non riuscisse? Dovrei sopportare anche il peso di essere trattata come “la pazza che voleva suicidarsi”… con tutte le conseguenze che ne deriverebbero. Tutti che vogliono colpevolizzare, tutti che cercano di dirti “impegnati, recupera”, chi ti dice fai questo fai quello, chi non te lo chiede nemmeno più e considera il tuo non agire come un atto di egoismo. Che ne sanno? Non possono sapere. Solo se si trovassero in queste condizioni potrebbero capire; ma, ne sono sicura, se si trovassero nelle mie condizioni non sarebbero più vivi da tempo… sono solo io la stupida che persevera, solo io…
@ Teo L’offesa alla dignità di una persona è continuare a subire una vita che non ci piace. Morire è l’unica cosa dignitosa che si può fare in certe situazioni. La legge consente l’eutanasia nei casi terminali… perché non permetterlo anche a chi non ha perso tutto, anche la lucidità per fingere di avere una dignità come fanno tutti?
Cara Anonimo,
il mio nick è teo80, se vuoi puoi confrontarti anche privatamente.
Il suicidio personalmente lo vedo un pò come una resa, tutto qui.
E poi come dici giustamente tu c’è l’istinto di sopravvivenza… l’illusoria di speranza che un giorno qualcosa cambierà, anche se 30 anni di vita dicono l’esatto contrario.
Mi sento terribilemente solo pure io, e stanco.
Ho la strana sensazione che soffrire insieme renda più forti e meno vulnerabili.
Grazie di esserci.
Teo, ultimo, esule
Ps: non c’è giorno che io non domandi a Dio di fermare il mio cuore e di portarmi per sempre con Lui e con chi mi aspetta da troppo tempo Lassù… ma qualcosa sta accadendo, il mio cuore non è in perfetta salute… chissà
è dura…poi concordo che i farmaci non servono ad un piffero…ovvero servono solo nelle crisi acute essendo pero consapevoli che stiamo assumendo droghe dai tremendi effetti collaterali…stai accorta perche le parole ahime hanno per etimologia piu significati…e per di piu noi le capiamo a nostro piacimento…partiamo dalla percezione: sai benissimo che la stessa cosa esempio un tramonto vista da due persone diverse da emozioni diverse…ovvero se una persona depressa guarda il tramonto questo gli trasmettera malinconia, mentre se lo guarda una persona felice gli trasmettera serenita…eppure il tramonto è lo stesso…questo per capire che siamo noi a percepire la realta nella nostra maniera…l’infelicita spesso parte dalla paura, certo che chi è caduto nel baratro della paura deve riconquistare in prima cosa il coraggio che ricorda bene NON é ASSENZA DI PAURA MA CORAGGIOSO é COLUI CHE PUR FACENDOSI SOTTO AFFRONTA GLI OSTACOLI CHE LO SEPARANO DAlla felicita…MIA CARA NON TI DICO CHE SARAI FELICE MA ALMENO TENTA IL TUTTO PER TUTTO INCURANTE DI QUELLO CHE PUO CAPITARE…TANTO PEGGIO DI COSI??? AL MASSIMO PUOI MORIRE…QUINDI…
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