Da Pai per anonimo
Zona di Catania

Will riusciva a stento a guardare. Lyra stava facendo la cosa più crudele che avesse mai fatto, detestandosi, detestando quell’atto, soffrendo per Pan e con Pan e a causa di Pan, cercando di posarlo sulla fredda stradaccia, liberando gli indumenti dai suoi artigli di gatto, e piangendo, piangendo. Will si turò le orecchie: quei suoni erano troppo tristi da sopportare. Pian piano Lyra allontanava il suo daimon, che continuava a versare lacrime e a cercare di avvinghiarsi a lei. Lei poteva tornare indietro.
Poteva dire:<>.
Poteva essere fedele al suo cuore, al legame vitale che la univa a Pantailamon, poteva anteporre questo a tutto, poteva allontanare il resto della sua mente. Ma non poté. (…)
E lo allontanò, e lui si accovacciò amareggiato e infreddolito e spaventato sulla terra melmosa. (…)
E Pantailamon non disse <> perché conosceva la risposta; e non domandò se Lyra amava Roger più di lui, perché aveva una risposta anche a questo. E sapeva che, se avesse parlato, lei non sarebbe stata capace di resistere; sicché il daimon rimase in silenzio per non angustiare l’umano che lo stava abbandonando, ed entrambi finsero di credere che non fosse doloroso, che quella saparazione non sarebbe durata a lungo, che tutto andasse per il meglio. Ma Will sapeva che la bambina si sentiva strappare il cuore dal petto.

Il cannocchiale d’ambra

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