Silenziose lacrime mi rigano il volto consumato dall’attesa come ruggine, mentre rivolgo i pensieri al passato: un passato che rimarrà per sempre tale, che non avrà mai occasione di diventare presente o futuro. Mi sento come una rosa appassita in un giardino ricoperto di fango, una rondine con le ali tagliate, una chiocciola senza guscio, vulnerabile a tutto ciò che la circonda. Con tono di rassegnazione, canto una melodia stonata che avvolge l’atmosfera di inquietudine. Suono i miei sentimenti come se essi fossero le corde di un’arpa e le note che produco appaiono estremamente dolorose; la voce, come un lamento, oscilla tra le tonalità più basse sino a raggiungere le più alte. Mi spingo a cercare le ragioni più recondite della mia infelicità, tuttavia vengo costantemente tormentata dagli esigui momenti di spensieratezza vissuti. I ricordi mi cadono addosso come grandine e fanno di me una donna piegata dalla disperazione. La mia pelle grida dolore da tutti i pori, le mie ossa si spezzano, i muscoli ed i tessuti si atrofizzano mentre attendo ancora nell’agonia un suo ritorno. Amo pungermi con le mie stesse spine, orgogliosa delle cicatrici che indosso. Mi vesto di nero e gioco a nascondino con la morte, mentre la vita mi sussurra piano uno stremato addio.
Una risposta ricevuta
Ho letto quello che hai scritto, anch’io ne so qualcosa… ma piangersi addosso non ti aiuta, mai. Nella vita non si può accumulare, e continuare a star male. Ritrova la tua strada, vedrai che il tempo fa bene e addolcisce tutti i ricordi.
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