Ieri, in macchina (non stavo alla guida, io non guido), una inquietante sensazione di buio intorno a me, buio che diventava sempre più denso e soffocante, ed ad un certo punto come se avessi sentito una voce dentro di me. Non erano parole ma era un grido, un urlo, forte e disperato, che chiedeva te a tutti i costi, che supplicava me – la parte lucida e ragionevole di me – di farti tornare, di fare qualsiasi cosa per rivederti (sarebbe sbloccarti e chiederti scusa). Me la chiedeva come si trattasse del pane, del acqua, del fuoco per scaldarsi. Nei momenti successivi mi sembrava di aver finalmente reso conto – dopo una settimana passata – di quello che avevo fatto cancellandolo dalla mia vita. Era una sofferenza brutta ed infinita. Dopo qualche minuto ho cercato di riprendermi almeno un po’ e ci sono riuscita.
Non cambio la mia decisione. La mia sofferenza è il dolore per il fatto che è finita per sempre, non il dolore del rimorso o del ripensamento. Non ci casco più… ma quanto (anche se non sempre me ne accorgo) fa ancora male…